E’ una celebre espressione di cui è opportuno richiamare alla memoria l’origine e le sue radici che affondano nella storia romana.
Dopo l’assassinio di Caio Giulio Cesare, i congiurati guidati da Bruto e Cassio, giunsero allo scontro finale con le legioni guidate dai triumviri Antonio, Lepido e Ottaviano (il futuro imperatore Augusto). La battaglia si svolse appunti a Filippi, città macedone, nel 42 a.C. e terminò con la vittoria dei triumviri e con il suicidio di Bruto e di Cassio.
Ebbene in un passo di Plutarco - poi ripreso da Shakespeare nel suo Julius Caesar - Bruto di cui si ritrae un suo disegno riceve in sogno la visita di un fantasma (probabilmente Cesare) che rivolto a lui pronuncia la celebre frase Ci vedremo a Filippi.
La Storia ci dice che proprio nella battaglia di Filippi il Cesaricida morirà per mano di Antonio: questa espressione viene quindi usata per intimare, spavaldamente, a un avversario la certezza della propria vittoria o per annunciare un futuro regola di conti.
E’ indubbiamente un’espressione ricorrente e di effetto nel contesto di un discorso tra due interlocutori.
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