sabato 21 novembre 2020

I Martiri di Abitene:sine Dominico non possumus"

 


Correva l'anno 304.

Alcuni Cristiani della Comunità di Abitene in Tunisia furono trascinati davanti al giudice pagano che li accusò  dicendo: Perché avete tenuto  la vostra funzione religiosa pur sapendo che è punita con la pena di morte?

Risposero" Sine Dominico non possumus" ovvero Senza il giorno del Signore non possiamo vivere

Costoro sono i Martiri di Abitene e cioè un gruppo di 49 cristiani ritenuti colpevoli, nel 304, durante il regno dell'imperatore Diocleziano di avere celebrato illegalmente il culto eucaristico domenicale ad Abitene, città della provincia romana nota come Africa.

ll 24 febbraio dell'anno precedente, Diocleziano aveva pubblicato il suo primo editto contro i Cristiani, ordinando la distruzione dei loro testi e dei luoghi di culto in tutto l'Impero Romano, e proibendo loro di riunirsi per le celebrazioni religiose.
Sebbene Fundano, il Vescovo di Abitene, avesse obbedito all'editto e consegnato i testi sacri alle autorità, alcuni cristiani continuarono tuttavia  ad incontrarsi illegalmente sotto la guida del presbitero  Saturnino.
Costoro vennero arrestati e condotti davanti ai magistrati locali, che li inviarono a Cartagine, la capitale della provincia, per il processo che iniziò il 12 febbraio, 
Il presbitero Saturnino, interrogato, non abiurò la sua fede nemmeno sotto tortura ed il suo esempio fu seguito da tutti gli altri, uomini e donne, compresi i suoi quattro figli davanti al proconsole Anulino.  
 Emerito, che aveva dichiarato che i cristiani si erano incontrati nella sua casa ed a cui fu chiesto perché avesse disobbedito all'ordine dell'Imperatore, rispose: "Sine dominico non possumus", cioè: "Non possiamo vivere senza celebrare il giorno del Signore"
La risposta di Emerito sintetizza in sostanza il concetto secondo cui per i primi cristiani, Domenica ed ’Eucaristia celebrata in questo giorno  rappresentano un elemento costitutivo della loro stessa identità
La narrazione è riportata  nel  testo tramandatoci  sotto il titolo di "Passio sanctorum Datini, Saturnini presbyteri et aliorum."

Negli Atti  non è riportato come morirono, ma sembra che siano stati alcuni giustiziati, altri morti di fame e torture nel carcere , comunque in tempi diversi.

Tra i martiri tutti indicati nel Martirologio Romano  si annovera Santa Restituta, Saturnino presbitero con i figli Saturnino,Felice,Maria,Vergine consacrata, Ilarione ed altri.
Santa Restituta, Patrona di Ischia, era originaria di Cartagine o forse di Tenizia, l'attuale Biserta in Tunisia, che sorge sulla costa prospiciente lo stretto di Sicilia e che era già nel III secolo sede episcopale presso Cartagine.

I Martiri di Abitene offrono un esempio fra i più chiari del fatto che la santità . in particolare ai primi tempi della storia della Chiesa è un fenomeno collettivo in cui la solidarietà ed anche l'emulazione  diventano fattori determinanti per la piena realizzazione spirituale di tutto un gruppo.


giovedì 19 novembre 2020

"Non facite Ammuina": un modello organizzativo della Regia Marina Borbonica caldamente non raccomandato.

 



Qui di seguito vi proponiamo il testo del regolamento della Marina Regia Borbonica in lingua napoletana.
 tramandato con il titolo"Non facite Ammuina!
«All'ordine Facite Ammuina: tutti chilli che stanno a prora vann' a poppa
e chilli che stann' a poppa vann' a prora:
chilli che stann' a dritta vann' a sinistra
e chilli che stanno a sinistra vann' a dritta:
tutti chilli che stanno abbascio vann' ncoppa
e chilli che stanno ncoppa vann' bascio
passann' tutti p'o stesso pertuso:
chi nun tene nient' a ffà, s' aremeni a 'cca e a 'll à".
N.B.: da usare in occasione di visite a bordo delle Alte Autorità del Regno.»
Per la precisione sembra comunque essere un  falso passo che vede come firmatari l'Ammiraglio Giuseppe di Brocchitto e il "Maresciallo in capo dei legni e dei bastimenti della Real Marina" Mario Giuseppe Bigiarelli..
Si tratta di un modello organizzativo  che certamente non è da seguire.
Scusate la divagazione culturale.. Speriamo che sia apprezzata.

giovedì 12 novembre 2020

I quattro Evangelisti: la simbologia.

 


Matteo
 è simboleggiato nell'uomo alato (o angelo), perché il suo Vangelo inizia con l'elenco degli uomini antenati di Gesù Messia.

Marco è simboleggiato nel leone, perché il suo Vangelo comincia con la predicazione di Giovanni Battista nel deserto, dove c'erano anche bestie selvatiche.

Luca è  simboleggiato nel bove, perché il suo Vangelo comincia con la visione di Zaccaria nel tempio, ove si sacrificavano animali come buoi e pecore.

Giovanni è simboleggiato nell'aquila, l'occhio che fissa il sole, perché il suo Vangelo si apre con la contemplazione di Gesù-Dio: "In principio era il Verbo..." (Gv 1,1).

La simbologia deriva dalla rappresentazione della sacra quadriga ovvero il misterioso cocchio di Dio, condotto - secondo una visione del profeta Ezechiele, ripresa dall'Apocalisse - da quattro "esseri viventi" che avevano sembianza di uomo, di leone, di bove e di aquila. Ebbene gli antichi autori cristiani applicarono agli evangelisti le simboliche sembianze della profezia, riconoscendo nel Vangelo il nuovo trono di Dio.

Nelle chiese, sui Lezionari, sui leggii o nelle decorazioni di amboni, pulpiti ed altari, la riproduzione dei quattro animali simboli degli evangelisti sottolinea la fede cristiana nell'unico "Vangelo quadriforme".


I Padri della Chiesa assegnarono ad ognuno degli evangelisti un simbolo, una figura con cui si spiegava il loro stile e il loro zelo personale quando narravano la vita di Cristo nei Vangeli.

Questi sono i simboli degli evangelisti:

San Matteo: L’uomo
San Matteo è associato all’uomo, o angelo, perché si concentra sull’umanità di Cristo. Secondo San Girolamo, questo si rifletterebbe quando san Matteo include nel suo Vangelo la genealogia di Gesù.

San Marco: Il Leone
San Marco viene rappresentato come un leone alato perché il suo Vangelo enfatizza la maestà di Cristo e la sua regalità. Il leone è tradizionalmente considerato come il re delle bestie.

San Luca: il Bue
Il Vangelo secondo San Luca si concentra sulla storicità del carattere sacrificale della morte di Cristo. Per ciò viene associato ad un bue, animale sacrificale per eccellenza

San Giovanni: L’Aquila

Il Vangelo di San Giovanni ha un grande contenuto spirituale, e dalla sua capacità di vedere oltre il presente, di volare in alto, proprio come fa l’Aquila.

Il primo in assoluto a parlarne  fu Sant’Ireneo secondo lui queste quattro creature rappresentavano Cristo stesso: Cristo re, come lo è il leone; Cristo vittima sacrificale, come lo è il bue; Cristo uomo, perché nato da donna; Cristo aquila perché dal Cielo effonde sulla chiesa il suo Spirito.

La tesi fu ripresa da San Girolamo che vide nelle figure dei quattro esseri viventi il simbolo che esprime la totalità del mistero di Cristo: l’Incarnazione come uomo, la Passione come sacrificio (che rimanda alla figura del bue), alla Resurrezione che rimanda alla figura gloriosa del leone e infine l’Ascensione come aquila.