domenica 24 ottobre 2021

Il IV Concilio di Costantinopoli: è sancito lo strappo tra la Chiesa d'Occidente e quella d'Oriente.

 Quando si parla di IV Concilio di Costantinopoli in realtà si fa riferimento a due Concili così ravvicinati, che potremmo definire Concilio (869-870) e contro-Concilio (879 -880).

I contenuti sono antitetici, tanto che il primo è riconosciuto come ecumenico solo dalla Chiesa di Roma e Occidentale, mentre il secondo solo da alcune Chiese d’Oriente (gli Ortodossi).

Si realizza di fatto lo strappo definitivo tra le due comunità ecclesiali. 

Le ragioni sono molteplici, ma alla base vi è la difficile comprensione reciproca tra le due Comunità.


In poche parole, ormai Oriente e Occidente sono due mondi completamente estranei tra loro: se hanno qualcosa da dirsi è per litigare su tutto, anche sulla fede cristiana che dovrebbe solo favorire il dialogo e unire. A complicare l’incomprensione ci si mette spesse volte l’impossibilità  d’intendersi correttamente a causa dei nuovi linguaggi che vengono formandosi e che danno sfumature e interpretazioni diverse al medesimo vocabolo: il latino e il greco parlati non sono più quelli del periodo d’oro, essendosi contaminati con le lingue delle diverse popolazioni che si sono stabilite nei territori dell’Impero.

 Il casus belli del Concilio in questione è il dissidio che dilania il patriarcato di Costantinopoli dove l’imperatrice Teodora, alla morte del patriarca Metodio, impone come patriarca il monaco Ignazio (847 – 858), senza attendere la regolare elezione dal sinodo locale.
Ignazio è un rigorista convinto, tanto da alienarsi la simpatia non solo di buona parte del clero, ma anche della corte. Quando Barda elimina la sorella Teodora e ne prende il trono, depone Ignazio (858) e lo manda al confino. Barda a sua volta impone un laico, Fozio, che in pochi giorni riceve tutte le ordinazioni sacre e la nomina patriarcale. Onde evitare polemiche, viene organizzato un sinodo che lo intronizza formalmente, dopo di ciò, invia lettere ai colleghi patriarchi e a Roma per presentarsi come unico legittimo patriarca, eletto come vuole la tradizione.
Nell’863 papa Niccolò I non riconosce la destituzione di Ignazio e depone Fozio.
Con l’imperatore Michele III che in una lettera, tra l’altro, disprezzava la lingua latina, ritenuta barbara, Niccolò I ha uno scambio epistolare molto duro. Si arriva nell’867 ad un sinodo nel quale Fozio, i vescovi orientali fedeli e gli imperatori Michele III e Basilio I depongono, accusandolo di eresia, il papa Niccolò I perché permetteva che al Credo, Simbolo della fede nicena, si aggiungesse il famoso Filioque, in merito allo Spirito Santo.
Nell’867 Basilio I, fatto uccidere Michele III, come aveva già fatto con Barda, che a sua volta aveva ucciso la sorella, l’imperatrice Teodora, per legittimare il colpo di mano che lo ha portato ad essere unico imperatore, cerca di recuperare le relazioni con Roma sostituendo Fozio con Ignazio. 
Questa è l’estrema sintesi dei fatti che portano al Concilio di Costantinopoli IV dell’ 869-870, dove c’è poca teologia, ma si mescolano buoni propositi sull’indipendenza della Chiesa dal potere politico, questioni disciplinari e antagonismi  sulle aree di competenza giurisdizionale tra i vari patriarcati (la questione bulgara tra Roma e Costantinopoli).

 L’atto finale riconosce il Simbolo niceno-costantinopolitano e i dogmi successivi come fondamenta della fede, condanna l’iconoclastia, esalta l’operato del vescovo di Roma e contiene 26 canoni o disposizioni.
I papi Niccolò I e Adriano II sono definiti” strumenti dello Spirito Santo” (canone 2).
Il canone 12 dichiara “non valida” la consacrazione episcopale a seguito dell’intervento del potere secolare. Il canone 14 condanna il servilismo degli ecclesiastici al potere civile.
Il canone 21 ribadisce il valore della pentarchia (i 5 Patriarcati) e il primato di Roma. 

Il problema teologico del Filioque aggiunto al Credo niceno da alcune Chiese locali (Spagna e Francia) è dai registi romani abilmente accantonato. Vittoria più completa non si poteva prevedere da parte del Vescovo di Roma, ma, come vedremo, sarà foriera di altre tempeste, delle quali, dopo tanti secoli, se ne vedono e se ne pagano ancora le conseguenze.