sabato 31 dicembre 2011

Il rito dello struscio a Napoli



Il periodo pasquale è un fermento di riti sacri e profani, celebrazioni liturgiche e sagre popolari.
Non vi è paese  dal più grande  a quello  più piccolo ed arroccato sulla montagna che non abbia una propria celebrazione nella settimana santa, basti pensare alle molteplici v vie crucis vero fulcro della tradizione pasquale.
 Cio accade non solo in Italia, ma anche a Malta ed in Spagna , soltanto per citarne alcuni. Molto caratteristica è a Napoli il rito del Giovedì Santo  nella settimana santa
In quel giorno i fedeli si recano  a visitare i sepolcri nelle chiese, che, secondo un’antica tradizione, devono essere almeno tre e sempre in numero dispari.
Questo rito viene comunemente indicato come il “giro dei sepolcri”A Napoli comunque si preferisce parlare di struscio
Questo modo dire sembra essere riconducibile ad un bando del Settecento quando a Napoli durante la Settimana Santa fu imposto il divieto di circolare con cavalIi e carri, divieto successivamente confinato alla sola via Toledo
I fedeli, che in gran numero osservavano il rito dei sepolcri, si trovavano quindi obbligati a percorrere a piedi  la principale arteria cittadina. Peril gran numero di persone, il passeggio era lento e si procedeva quindi strusciando (strisciando) i piedi lentamente sul selciato ed anche le stoffe ancora rigide dei vestiti nuovi indossati per l’occasione, strusciavano tra di loro producendo un suono sommesso.

giovedì 29 dicembre 2011

La notte di San Bartolomeo.



Questi giorni recenti sono stati giorni di angoscia e sgomento per l’eccidio dei copti ortodossi d’Egitto da parte di frange islamiche.La storia si ripete: dalle persecuzioni cristiane  da parte dei romani, dalle Crociate agli eccidi della riforma protestante, dal genocio armeno da parte dei Turchi a quello nazista nei confronti degli ebrei fino ai nostri giorni ove guerre di religione imperversano soprattutto nei continenti africano ed asiatico.
Sono tutte segni di una medesima matrice di violenza.
Qui vi parliamo sia pure sinteticamente della notte di San Bartolomeonome con il quale è passata alla storia la strage compiuta nella notte tra il 23 ed il 24 agosto 1572 festa di San Bartolomeo dalla fazione cattolica ai danni degli ugonotti a Parigi in un clima di rivincita indotto dalla battaglia di Lepanto e dal crescente prestigio della Spagna.
Tra il 1560 e il 1569, furono chiamati ugonotti i protestanti francesi di tendenza calvinista. Il protestantesimo si diffuse tra la nobiltà e la borghesia francesi nella prima metà del XVI secolo. Il calvinismo, eccetto che in piccole zone, si diffuse meno nelle campagne ma ebbe una certa diffusione presso alcuni ceti popolari delle città, in particolar modo i lavoranti di professioni nuove e innovative per l'epoca (tipografi, vetrai, stampatori, barbieri...). Tale diffusione suscitò l'allarme dei cattolici, aggiungendo l'elemento religioso ai motivi di scontro politico-dinastico che opponevano la casa regnante dei Valois a quella di Guisa. Caterina dei Medici, reggente dal 1559, aveva più volte utilizzato la presenza e l'appoggio degli ugonotti per evitare di essere soffocata dalle pretese della grande nobiltà cattolica, rappresentata soprattutto dai Guisa.
Le stragi si protrassero nel tempo in tutta la Francia fino a quando non si ebbe la pacificazione con l’Editto di Nantes del 1589.
L’interpretazione storica sulla strage in cui si intrecciano fattori socio economici a quelli religiosi è ancora oggi controversa.
Il dipinto di Francois Dubois qui riportato  ritrae mirabilmente l’essecrabile notte che segnò in modo indelebile il corso della storia.

mercoledì 28 dicembre 2011

Si vis pacem para bellum



 E’ una celebre citazione ricavata dalla frase: Igitur qui desiderat pacem, praeparet bellum,  che significa letteralmente "Chi aspira alla pace, prepari la guerra". Questa espressione latina significa "Se vuoi la pace, prepara la guerra",
E’ un concetto espresso da più autori non solo da Cornelio Nepote ma anche da Cicerone che scrisse Si pace frui volumus, bellum gerendum est (7^ Filippica), letteralmente Se vogliamo godere della pace, bisogna fare la guerra, che fu una delle frasi che costarono la vita al grande Arpinate nel conflitto con Marco Antonio.
E’ sovente usato anche nel linguaggio corrente e sta a porre in evidenza che per far desistere qualcuno dal muoverti guerra devi dotarti di un apparato militare uguale o superiore a quello del tuo avversario.
E’ l’affermazione della deterrenza militare secondo cui  la pace e la stabilita' si ottengono solo se c'e' equilibrio militare tra gli avversari (si pensi alla corsa agli armamenti di USA e URSS durante la guerra fredda).

lunedì 26 dicembre 2011

Nemo propheta in patria.



E' una locuzione in lingua latina che significa: "Nessuno è profeta in patria  L'espressione vuole indicare la difficoltà delle persone di emergere in ambienti a loro familiari; in ambienti estranei viene generalmente assunto che sia più facile far valere le proprie capacità e qualità.
E’ un’espessione tratta a dai Vangeli: tutti e quattro riportano, direttamente o indirettamente, questa frase di Gesù Cristo (traduzioneCEI): nell’occasione della visita alla città di Nazareth dove partecipa alla liturgia della sinagoga ed applica a sè

  • MatteoE si scandalizzavano per causa sua. Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria e in casa sua».
  • MarcoMa Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua».
  • Luca : Poi aggiunse: «Nessun profeta è bene accetto in patria».
  • Giovanni : Ma Gesù stesso aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella sua patria.
Il contesto dell'affermazione è nei sinottici la visita di Gesù alla sua città di Nazaret, dove partecipa alla liturgia della sinagoga e applica a sé laprofezia di Isaia riguardante il dono dello Spirito Santo al Messia del Signore.
La reazione dei nazareni è di rifiuto, e lì Gesù pronuncia la frase in questione.
Invece in Giovanni l'affermazione appare nel contesto generico di un ritorno a Nazaret di Gesù dopo una festa di Gerusalemme.

Ancor oggi simile espressione viene usata da coloro che vedono il proprio operato non apprezzato da chi sta più vicino: famigliari, colleghi, amici...
Essendo il successo, la fama, come qualcosa fuori dell’ordinario, stentiamo ad attribuire queste doti ad una persona che vive la nostra stessa vita ordinaria. Le attribuiamo più facilmente a chi non conosciamo affatto e viene da lontano.
Molte sono le motivazioni , ascrivibili anche a sensi di invidia che molte volte si nutrono nei cofronti delle persone che si conoscono.

domenica 25 dicembre 2011

I Vangeli Apocrifi.


 

E’ tempo di Natale ed appare giusto ricordare in queste ore in cui rimangono tutti estasiati nell’ammirare la Sacra Famiglia nella grotta di Betlemme come  questa stupenda immagine familiare si trovi nei Vangeli Apocrifi e non in quelli canonici che sono molto più scarni nelle descrizioni. Infatti il Vangelo di Luca parla soltanto di una mangiatoia probabilmente posta in una stalla.
I Vangeli apocrifi cioè Vangeli nascosti, come è noto non sono riconosciuti autentici dalla Chiesa ufficiale.
Essi non sono vangeli dotti, ma provengono da una tradizione popolare; tuttavia essi celano sotto una narrazione favolistica importantissime  problematiche teologiche che nel passato hanno dato vita a delicate controversie e dispute
Quali sono questi Vangeli  non autentici?
Essi si possono distinguere dal punto di vista contenutistici:    Vangeli, Scritti apostolici ed Apocalissi.         
Per quanto riguarda i Vangeli essi possono ripartirsi in simili a quelli canonici, in gnostici proveniente dall’oriente e che traggono il loro nome dalla gnosi (conoscenza) e vangeli favolistici e leggendari.
II vangeli dell’infanzia ( ad es. il protovangelo di Giacomo e ed il Vangelo arabo sull’infanzia del Salvatore)  scritto intorno al 150 d.C che appunto trattano diffusamente il tema del Natale fanno parte dei cosiddetti vangeli favolistici,presentano un carattere
miracolistico che sfocia spesso nel  magico- fiabesco,  in netto contrasto con la sobrietà dei 4 Vangeli canonici. Sono caratterizzati inoltre da una assente o imprecisa conoscenza degli usi e costumi giudaici o da altre imprecisioni di natura storica o geografica, che ne inficiano il valore storico degli eventi narrati.
Celebri artisti si  sono ispirati ai Vangeli apocrifi come  il Caravaggio, Tintoretto,  Andrea del Sarto,  Gentile da Fabriano,il Guercino  e Albrecht Dürer.
Glii Apocrifi hanno ispirato anche la letteratura (il tanto amato e odiato Codice da Vinci di Dan Brown), il teatro (Mistero buffo di Dario Fo), il cinema (Cammina cammina di Ermanno Olmi) e la musica, dove, se fra i moderni spicca La Buona Novella di Fabrizio De André, fra i classici risplende un monumento di fede come la Passione secondo Matteo di Bach. 


 Si coglie l'occasione per inviare i migliori auguri di buon Natale  a tutti i lettori.

sabato 24 dicembre 2011

Fare l'indiano!



 Fare l'indiano significa fingere di non capire, di non interessarsi a qualcosa, evidentemente perché la finzione torna comoda.
Nel linguaggio comune, la locuzione " fare l'indiano" indica l'atteggiamento di chi, per proprio comodo, finge di non sentire quello che gli viene detto, o di non capire, non sapere o non interessarsi a qualcosa. 
 L'espressione fa riferimento allo stereotipo del nativo americano ("indiano" delle Indie occidentali, che avrebbe, nell'immaginazione popolare, un atteggiamento generale di indifferenza e apatia, come chi non capisce quello che sta accadendo o che gli viene detto.
Altre locuzioni con lo stesso significato sono per esempio: fare lo gnorri o fare il nesci nel senso di non capire
La parola gnorri deriva dalla seconda persona dell'indicativo presente di ignorare (tu ignori) con la caduta della vocale iniziale e il raddoppiamento espressivo della r.

Un'altra ipotesi la fa derivare dall'aggettivo toscano gnoro, nel senso di ignorare, con la ifinale tipica dei cognomi.
Altro sinonimo è fare orecchi da mercante che significa  fingere di non capire non è affatto un modo di dire offensivo, ma certamente ironico allusivo della capacità dei mercanti di ignorare le offerte di chi compra o vende, per alzarle od abbassarle secondo il proprio  tornaconto.
Le traduzioni di queste locuzioni nelle altre lingue ovviamente sono difficili perchè tipiche e peculiari della lingua italiana.

venerdì 23 dicembre 2011

I generi letterari della novella e del racconto breve.



Riprendiamo la nostra carrellata sui generi letterari e volgiamo la nostra attenzione al genere della novella ed a quello del racconto breve. 
Le definizioni non sono nette, ma comunque consentono di apprezzarne le distinzioni-
La novella è una narrazione breve e semplice i cui personaggi possono essere facilmente ritrovabili nella vita quotidiana.
Sembra essere nata in Oriente, diffondendosi poi in occidente nel XII secolo. Una variante è data dall’exemplum, una forma semplice di novella inglobata tra la fiaba e la parabola. Tra questi si annoverano le vite dei Santi spesso usate dai Predicatori con finalità educative e moraliste ma inglobato all'interno di altri generi letterari. alla base della struttura che assumerà poi nel medioevo troviamo l'exemplum, un genere che si potrebbe definire una forma semplice di novella ma che possiamo descrivere anche come un genere a metà strada tra la fiaba e la parabola. anche questo è inglobato all'interno di altri generi come la vita dei Santi perché era usato molto spesso dai predicatori in quanto era un genere con finalità educative e moraliste. 
La novella  vera e propria nacque  in Italia nel Duecento, secolo in cui nacque la letteratura italiana, ed è un genere letterario che, con maggiore o minore fortuna, si è continuato in ogni secolo, fino ai giorni nostri.
Il racconto invece è una narrazione in prosa di contenuto fantastico o realistico di minore estensione rispetto al romanzo. Ciascun racconto, per quanto in sé concluso (a differenza dei capitoli di un romanzo è portatore di una storia completa), va visto in collegamento unitario con gli altri appartenenti alla stessa raccolta. 
La letteratura italiana è ricca di novellieri e dalle prime forme novellistiche del duecento si passa nel corso dei secoli a Boccaccio con il Decamerone e Sacchetti nel trecento per poi passare nel quattrocento a Enea Silvio Piccolomini, ed a Filippo Brunelleschi. Celebri autori sono anche Matteo Bandello, Poliziano ed ancora nel Seicento GiovanBattista Basile con il Cunto de li Cunti  e Gaspare Gozzi nel settecento,
Nell’ottocento si distinguono Giuseppe Giusti, Edmondo De Amicis con l’indimenticabile Cuore, Collodi, Verga, Fucini, Grazia Deledda, Pirandello, Moravia e tanti altri.

giovedì 22 dicembre 2011

Il presepe napoletano.



E’ tempo di Natale e perciò sembra giusto parlare del presepe, di cui è tradizione datarne la nascita  all’anno 1223 quando San Francesco, trovandosi a Greccio, sulle colline del reatino si fece portare una mangiatoia piena di fieno,un asino ed un bue. Suonarono a festa  le campane,accorse la gente del villaggio e San Francesco spiegò il Vangelo.
Si narra che in quella circostanza  nella notte gelida ed incantata la gente ebbe la visione di un miracolo:  Gesù  bambino in braccio a San Francesco.
Questa è l’inizio della tradizione del presepe(praesepium): un intreccio di storia ed arte che culmina certamente nel presepe napoletano.
Le opere presepiali napoletane sono un trionfo di luci, un’esplosione di colori, una straordinaria manifestazione di costume,e di artigianato che si avvicina all’arte.
Il presepio è affollato di personaggi ed animato da scenette popolari autentica espressione del popolo napoletano.
Quando si ammirano queste stupende opere d’arte come ad esempio il famoso presepio Cuciniello che si trova a Napoli nel museo San Martino, si fa fatica a scorgere la rappresentazione della natività che si perde nel groviglio animato e pittoresco  della vita popolare.
E’ proprio questa la caratteristica del presepe napoletano del settecento popolato da tanti personggi popolari : le donne al mercato, le tessitrici, gli acquaioli, i pescivendoli  i contadini ed artigiani di ogni genere.; persone sane e persone con difetti marcati come la gobba in napoletano tradotta in “scartiello”
Non mancano naturalmente i Re Magi che sono sempre realizzati con costumi esotici, variopinti ed orientaleggianti.
Insomma il presepe napoletano è considerato a ragione un vero capitolo della storia dell’arte in cui si distinguono artisti come Sammartino e Celebrano.

mercoledì 21 dicembre 2011

Il presepio del Rinascimento.



Faremmo un torto alla storia del presepe, se parlassimo soltanto di quello napoletano, e non anche del presepe rinascimentale del secolo XV.
Eccellono in quel periodo opere d’arte quali le maioliche invetriate e policrome dei Della Robbia e bassorilievi di veri e grandi artisti  come quello del rossellino nella chiesa di Sant’Anna a Napoli.
Cominciano a configurarsi presepi veri e propri come quelli scolpiti in legno di gusto nordico. (ad esempio le figure degli Alamanno in San Giovanni a Carbonarsa a Napoli)
Ed ancora  assai espressive sono le figure di Giovanni di Nola in cui è già marcatamente presente accanto all’ampio respiro   delle opere rinascimentali un’attenta ricerca di carattere tipica di tutti i presepi napoletani.
Nello stesso periodo rinascimentale hanno il loro sviluppo i presepi pugliesi  e lucani.
Sono presepi del tutto particolari che occupano un’intera cappella o addirittura il transetto destro o sinistro di una chiesa.
Anche qui non mancano pastori di tipo popolare, ma nel paesaggio si distingue subito nella sua grandiosità la scena sacra  a differenza dei presepi napoletani.
Tutti questi presepi di cui quello materano incastonato nei Sassi assume una dimensione unica,sono quasi tutti   policromati.
L’artista più noto del presepio pugliese è Stefano da Putignano   un autentico caposcuola.

lunedì 19 dicembre 2011

Benino il pastore dormiente del presepio




Esiste una leggenda poco conosciuta del presepe napoletano.
Il protagonista e' Benino, pastorello addormentato in una grotta, quella in alto che non tutti notano. Benino e' li' e sogna quello stesso presepe in cui adesso sta dormendo. La storia vuole che nessuno lo svegli, altrimenti tutto l'incanto scomparirebbe immediatamente. Si scopre, in questo modo, che il presepe e' molto più di una semplice rappresentazione della natività', ma un simbolo di illuminante consapevolezza e di catarsi
Il sonno infatti in questo caso non è lo stato fisiologico, nel quale il nostro organismo, in riposo, recupera le forze di cui ha fatto dispendio nel corso del giorno. Qui il sonno indica, per analogia, una condizione dello spirito di estrema sensibilità e tensione; uno stato, diverso da quello della quotidianità
La figura di Benino o Benito è dunque proprio  un riferimento esplicito  a quanto affermato nelle Sacre Scritture: “E gli angeli diedero l’annunzio ai pastori dormienti”. Il risveglio è considerato inoltre come rinascita
Benino, pastorello del presepe napoletano che dorme beato in un angolo ignaro di tutto. corrisponde  anche al bolognese Dormiglione, che però è addormentato su un'amaca. Nel presepe siciliano prende il nome di Susi Pasturi.

Acqua in bocca.



E' molto frequente il modo di dire "tenere l'acqua in bocca" che significa astenersi dal parlare a sproposito rischiando anche di incorrere in maldicenze.
Questa espressione trae origine da una cultura popolare tramandata nel tempo di cui fa parte la segiente storiella:
Una donna aveva il vizio della maldicenza, da cui non riusciva ad astenersi, malgrado fosse stata redarguita dal suo confessore.
Un giorno il prete ricorse al seguente espediente:consegnò alla donna una boccia d'acqua di pozzo, dicendole di portarne sempre un poco con sè e quando sentiva la tentazione di mormorare e sparlare, ne prendesse un sorso e lo tenesse in bocca finchè non era finita la tentazione.
Finì che la donna, dovendo passare la maggior parte delle giornate con la bocca piena d'acqua, per evitare il fastidio, perse il vizio della maldicenza.

domenica 18 dicembre 2011

L'uovo di Colombo.

Nel linguaggio corrente si usa spesso dire: hai scoperto l’uovo di colombo, oppure hai scoperto l’acqua calda.
Sono tutti modi di dire utilizzati per indicare una soluzione insospettatamente semplice a un problema apparentemente impossibile.
Tale locuzione si chiama polirematica(dal greco πολι-, molti e ρημα, parola)  ed ha un significato non desumibile da quello delle parole che lo compongono, e che viene usata come un tutto unico, come a ufo, a iosa, capro espiatorio.
Nel caso dell’uovo di Colombo, si tratta di un aneddoto popolare, sicuramente falso, che ha per protagonista Cristoforo Colombo.
Al suo ritorno dall'America Colombo fu invitato a una cena in suo onore dal cardinale Mendoza. Qui alcuni gentiluomini spagnoli cercarono di sminuire la sua impresa dicendo che la scoperta del Nuovo mondo  non fosse stata poi un’impresa così difficile, e che chiunque avrebbe potuto riuscirci Colombo allora  sfidò i commensali a un'impresa altrettanto facile: far stare un uovo dritto sul tavolo.
Nessuno dei commensali vi riuscì e pregarono Colombo stesso di cimentarsi nell'impresa. Questi si limitò a praticare una lieve ammaccatura all'estremità dell'uovo, picchiandolo leggermente contro il tavolo dalla parte più larga, e l'uovo rimase dritto.
Ai commensali attoniti, Colombo disse: : «La differenza, signori miei, è che voi avreste potuto farlo, io invece l'ho fatto!».

Voli pindarici

Il volo pindarico è un modo di dire ricorrente nel linguaggio quotidiano.
Trae spunto dalla letteratura grca ed in particolare da Pinfaro il grande cantore grco nativo di Cinocefale, presso Tebe, nel 518 a.C., da una nobile ed agiata famiglia originaria della Beozia
Autore di importanti carmi epici, viaggiò a lungo e visse e scrisse per sovrani e famiglie importanti. Cantò, come negli Epinici  i modelli di un ideale umano in cui si coniugavano bellezza e bontà, prestanza fisica e sviluppo intellettuale.
Cosa sono  insomma i voli pindarici? Null’altro che arditi passaggi, da un’idea che si va sviluppando ad un’altra completamente estranea al filo logico fino allora seguito.
E’ difficile  da spiegare, ma se ne può avere un’idea  rileggendo i Sepolcri di Foscolo: là dove il poeta celebra le tombe dei grandi in Santa Croce a Firenze, e subito dopo, da un verso all’altro, “vola” altrove evocando la battaglia fra Greci e Persiani a Maratona.
Questo è, appunto, un “volo pindarico”, il passaggio originale e ardito da un argomento all’altro, pur nel contesto di una struttura  unitaria. Può assumere un duplice senso negativo cioè divagare e "saltare da un argomento ad un altro senza logica,ma anche, positivo e cioè saltare sì, da un argomento ad un altro, però, mostrando fini capacità digressive nonché competenze, mantenendo un filo conduttore nel discorso.

sabato 17 dicembre 2011

Il chiasmo

 

 


Il chiasmo è una parola difficile cui sottendono numerosi significati in molteplici settori come la stilistica, la cultura e l’anatomia
Incominciamo dall’ambito stilistico in cui il chiasmo o chiasma (letteralmente dal greco "struttura a croce di chi greca") è la figura retorica in cui si crea un incrocio immaginario tra due coppie di parole, in versi o in prosa, con uno schema sintattico di AB,BA
La disposizione contrapposta delle parole può essere raffigurata mediante la lettera greca ("chi") dell'alfabeto greco  a "ch" aspirata, da cui origina il termine "chiasmo".
Un classico esempio è rappresentato dal celeberrimo motto dei moschettieri di Dumas padre.
“Uno per tutti tutti per uno
Un altro è  il famoso incipit dell’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto:
“le donne. I cavallier, l’arme , gli amori
Le donne sono legate agli amori e i cavalieri alle armi.
Per passare poi all’arte ed in particolare alla scultura, il chiasmo è una tecnica compositiva che consiste nella disposizione della figura umana secondo un particolare ritmo  che ricorda l’andamento della lettera χ dell'alfabeto greco.
Il Dorifero di Policheto ne rappresenta un classico esempio: è ben visibile il ritmo bilanciato di alterne flessioni e tensioni che coinvolge gli arti contrapposti, sia ora declinato in una visione più organica, dinamica ed equilibrata della figura umana.
Al braccio sinistro, teso a reggere il giavellotto corrisponde la tensione della gamba destra che sostiene il peso del corpo.  Al braccio destro mollemente disteso lungo il fianco teso, e la gamba sinistra, con la punta del piede a sfiorare appena il suolo.
Per quanto riguarda l’anatomia  l’informazione proveniente dalla metà destra del campo visivo viene elaborata dalla metà sinistra del cervello e l’informazione proveniente dalla metà sinistra del campo visivo viene elaborata dalla metà destra del cervello.

Le sette meraviglie del mondo nell'antichità.

 

Sono meraviglie che  hanno  sempre destato nel corso dei secoli grande interesse dal punto di vista architettonico, letterario ed artistico.
Enumeriamole sinteticamente:
La piramide di Cheope di cui nel riquadro.  Una delle costruzioni più grandi mai realizzate dall'uomo che s'innalza verso il cielo da parecchie migliaia di anni nella piana di Giza in Egitto. 
Il Tempio di Artemide. E’ annoverato per la sua stupenda architettura, realizzata nella parte più antica da Creso
Il faro di Alessandria: fu progettato nel periodo di Alessandro il Grande dall’architetto Dinocrate e portato a compimento da Tolomeo figlio di Lago, prima satrapo poi re d’Egitto
Il mausoleo di Alicarnasso: è una tomba a carattere monumentale- che secondo gli antichi autori è attribuita ad Artemisia . La sua datazione è probabilmente il periodo intercorrente tra il 353-351 a.C..
Il Colosso di Rodi : è  attribuito questo termine alla statua gigantesca di Helios che la città dorica di Rodi innalzò in ricordo della vittoriosa resistenza all'assedio di Demetrio Poliorcete.  
Ed infine
I giardini pensili , di cui ci parla Erodoto, erano luoghi fantastici realizzati in pietra giustamente considerate nel novero delle sette meraviglie. 
Le sette meraviglie hanno dunque un fascino particolare per l’intera umanità  perché sono testimonianze di un passato affascinante che ha subito nel corso dei secoli radicali trasformazioni politiche, sociali e culturali.

venerdì 16 dicembre 2011

Mistero e simboli nelle cattedrali gotiche.

Le cattedrali gotiche sono rappresentative di un’architettura rivoluzionaria rispetto al romanico.
Hanno elementi di fascino ed in qualche modo di mistero per la ricchezza dei simboli in esse  contenute.
Vediamo sinteticamente  alcuni caratteri simbolici.
Il labirinto : è presente soprattutto sui pavimenti delle cattedrali un percorso  a meandri circolari che simboleggia  un itinerario spirituale, una sorta di cammino interiore che porta l’uomo dalla terra al cielo. Il centro quindi non è altro che la città di Dio, la Gerusalemme celeste.
La cupola: ha un duplice significato. Come Dio discende sull’altare nell’abside , così l’uomo ascende al cielo attraverso la porta solare.
I campanili: di solito sono due ed hanno un significato  recondito ben preciso in quanto rappresentano sul lato destro la Misericordia e sul lato sinistro la Giustizia.
La pittura sul vetro: le vetrate delle cattedrali sono tanto grandi da far quasi pensare ad un edificio di cristallo dove ogni elemento è luminosità e trasparenza. Ogni finestra era composta da più pezzi poi ricomposti insieme
Le sculture: sono a colori, alla stregua di quanto accade nei templi greci. La policromia finisce nel XVIII secolo cioè l’età della ragione, epoca in cui il disinteresse oer l’arte religiosa lasciò che la pioggia ed il tempo dilavassero completamente il colore delle cattedrali.

I sanculotti nella rivoluzione francese.

 

La rivoluzione francese ha un ruolo fondamentale nella storia del mondo, perché partendo dalla Francia ha avuto una diffusione rapida negli anni in tutti gli Stati a partire da quelli europei.
In breve sintesi segna il trapasso tra ancient regime e la borghesia che divenne poi la classe dominante.
Figure centrali di questa epoca rivoluzionaria furono i sanculotti che costituirono l’ala più radicale della rivoluzione francese ed erano composti da artigiani, piccoli bottegai, impiegati. Capillarmente organizzati nei quartieri, costituivano la base della Comune di Parigi e furono i protagonisti delle "giornate rivoluzionarie" del 5.X.1789, che impose il trasferimento del re e del parlamento a Parigi, e del 10.VIII.1792, che impose l'arresto di Luigi XVI e la fine della monarchia. Furono i più convinti sostenitori della politica del Terrore condotta da Robespierre.
Letteralmente la parola sanculotto significa "senza culotte" (dal francese sans-culottes), ovvero senza quei pantaloni corti, stretti al ginocchio, che erano tipici del vestiario degli aristocratici di quel periodo. L'abbigliamento del sanculotto prevedeva l'uso dei pantaloni lunghi, di una camicia e una giacca (la carmagnola) oltre agli zoccoli e ad un copricapo da lavoro (il berretto frigio) che ne indicavano l'appartenenza al popolo lavoratore.
In un primo tempo quando si parlava di sanculotti, si faceva riferimento a qualcosa di dispregiativo: il termine infatti fu coniato per indicare quei  rivoluzionari francesi che indossavano i pantaloni lunghi (portati dalle classi più umili) anziché i pantaloni al ginocchio (culottes), usati da nobili e borghesi.
In una fase successiva divennero  figure chiave della Rivoluzione francese, rappresentando la categoria nella categoria i borghesi commercianti o artigiani e, più in generale, i popolani di Parigi combattenti e rivoluzionari.

giovedì 15 dicembre 2011

L'iconostasi cardine fondamentale delle Chiese d'Oriente.

 

L'iconostasi (dal greco eikonostasion, eidonostasis, posto delle immagini, da eikon, immagine, e histemi posto) è una parete divisoria decorata con delle icone che separa la navata delle chiese ortodosse dal presbiterio (santuario) dove viene celebrata l'Eucaristia.
Le chiese di tradizione bizantina sono quasi tutte orientate con l’altare verso est, mentre la porta principale si trova ad ovest.
Mirabile esempio di chiesa che rispetta i canoni è quella del monastero di San Sergio in Russia.
Le chiese orientali si dividono in particolare  in tre parti: il vestibolo o nartece, la navata ed il santuario equivalente al presbiterio della tradizione   latina.
La navata è separata dal santuario da un tramezzo in legno o muratura chiamato iconostasi
Quella di centro, più larga e più ornata, è detta la porta bella  o la porta imperiale, che i semplici fedeli ed i chierici, non ancora ín sacris, non possono varcare. La porta bella è chiusa da due battenti di varia altezza e da una tenda . Solitamente rimane chiusa eccetto che in alcuni momenti particolari delle celebrazioni. Si trova in corrispondenza dell'altare . Le due porte laterali sono chiamate: quella di destra porta sud  o del Diakonikon e quella sinistra porta nord (voria) o della Prothesis. Da queste porte possono accedere nel santuario i chierici non ancora ordinati.
Contemporaneamente, in Occidente, vi era l’usanza di nascondere il presbiterio con un'iconostasi priva d’icone  con delle tende ( che scomparvero definitivamente solo in epoca barocca (XVII sec.).
Secondo il principio teologico che sta dietro a queste scelte  ancora inalterato in tutto l’oriente cristiano, le cose sante non possono essere svelate perché esiste una gradualità con la quale l’uomo viene educato e si avvicina alla fede. Lo stesso credente, oramai avanzato negli anni, conosce che non può sapere tutto e subito e che esiste sempre un limite oltre al quale il suo sguardo raziocinante flette le ali e cade al suolo.
Tale conoscenza  si è mantenuta inalterata in tutto l’Oriente cristiano.

mercoledì 14 dicembre 2011

L'armoniosa gerarchia degli angeli.

 

 

Dall’antichità anche  molto prima del Cristianesimo si parla degli angeli, definiti in greco annunciatori della lieta  novella.
La loro storia nei secoli è così articolata da far nascere un branca pposità e cioè l’angelologia.
Questa disciplina teologica prende le mosse da Pseudo Dionigi per poi essere approfondita ne Medioevo di cui una mirabile sistemazione è data proprio dalla Commedia dantesca.
Qui ovviamente non approfondiamo gli aspetti teologici perché attengono strettamente alla fede dei singoli uomini.
Desideriamo dare  invece un cenno alla complessa gerarchia degli angeli che, sinteticamente può  essere articolata nelle seguenti gerarchie:
La prima:
Serafini: sono i più vicini  a Dio e il loro nome deriva dall'ebraico e significa "ardenti";
Cherubini: pieni di scienza
Troni: il loro nome significa "seggi"; da loro vengono promulgati i decreti divini; essi formano il III cerchio di fuoco (saturno) e insieme a Serafini e Cherubini hanno una visione diretta di Dio.

La seconda:
Dominazioni che sono le creature celesti così chiamate perché desiderano partecipare al dominio di Dio;
Virtù: sono così chiamati perchè le loro azioni sono dotate di fermezza;
Potestà: il loro nome è dovuto al fatto che esercitano con equilibrio e saggezza il loro potere;

La terza
Principati guidano le anime beate a Dio;
Arcangeli superiori agli angeli che sono i  messi di Dio e come tali sono i più vicini a noi essere umani.

lunedì 12 dicembre 2011

La sindrome di Nimby.

Sempre con maggiore frequenza si levano proteste da parte dei cittadini sul pericolo delle discariche della nettezza urbana ed oggi con proporzioni comprensibilmente più elevate , dopo lo Tsnunami del Giappone  sul pericolo delle centrali nucleari.
E’ d’attualità insomma la sindrome di Nimby  (Not In My Back Yard, trad. "Non nel mio cortile") con cui  si indica un atteggiamento che si riscontra nelle proteste contro opere di interesse pubblico che hanno, o si teme possano avere, effetti negativi sui territori come ad esempio grandi vie di comunicazione, cave, sviluppi insediativi o industriali,termovalorizzatori,discariche, depositi di sostanze altamente tossiche e centrali nucleari e simili.
L'atteggiamento consiste nel riconoscere come necessari, o comunque possibili, gli oggetti del contendere ma, contemporaneamente, nel non volerli nel proprio territorio a causa delle eventuali controindicazioni sull'ambiente locale.
E’ un comportamento da combattere, anche se  comprensibilmente insito in ognuno di noi!