venerdì 23 dicembre 2011

I generi letterari della novella e del racconto breve.



Riprendiamo la nostra carrellata sui generi letterari e volgiamo la nostra attenzione al genere della novella ed a quello del racconto breve. 
Le definizioni non sono nette, ma comunque consentono di apprezzarne le distinzioni-
La novella è una narrazione breve e semplice i cui personaggi possono essere facilmente ritrovabili nella vita quotidiana.
Sembra essere nata in Oriente, diffondendosi poi in occidente nel XII secolo. Una variante è data dall’exemplum, una forma semplice di novella inglobata tra la fiaba e la parabola. Tra questi si annoverano le vite dei Santi spesso usate dai Predicatori con finalità educative e moraliste ma inglobato all'interno di altri generi letterari. alla base della struttura che assumerà poi nel medioevo troviamo l'exemplum, un genere che si potrebbe definire una forma semplice di novella ma che possiamo descrivere anche come un genere a metà strada tra la fiaba e la parabola. anche questo è inglobato all'interno di altri generi come la vita dei Santi perché era usato molto spesso dai predicatori in quanto era un genere con finalità educative e moraliste. 
La novella  vera e propria nacque  in Italia nel Duecento, secolo in cui nacque la letteratura italiana, ed è un genere letterario che, con maggiore o minore fortuna, si è continuato in ogni secolo, fino ai giorni nostri.
Il racconto invece è una narrazione in prosa di contenuto fantastico o realistico di minore estensione rispetto al romanzo. Ciascun racconto, per quanto in sé concluso (a differenza dei capitoli di un romanzo è portatore di una storia completa), va visto in collegamento unitario con gli altri appartenenti alla stessa raccolta. 
La letteratura italiana è ricca di novellieri e dalle prime forme novellistiche del duecento si passa nel corso dei secoli a Boccaccio con il Decamerone e Sacchetti nel trecento per poi passare nel quattrocento a Enea Silvio Piccolomini, ed a Filippo Brunelleschi. Celebri autori sono anche Matteo Bandello, Poliziano ed ancora nel Seicento GiovanBattista Basile con il Cunto de li Cunti  e Gaspare Gozzi nel settecento,
Nell’ottocento si distinguono Giuseppe Giusti, Edmondo De Amicis con l’indimenticabile Cuore, Collodi, Verga, Fucini, Grazia Deledda, Pirandello, Moravia e tanti altri.

giovedì 22 dicembre 2011

Il presepe napoletano.



E’ tempo di Natale e perciò sembra giusto parlare del presepe, di cui è tradizione datarne la nascita  all’anno 1223 quando San Francesco, trovandosi a Greccio, sulle colline del reatino si fece portare una mangiatoia piena di fieno,un asino ed un bue. Suonarono a festa  le campane,accorse la gente del villaggio e San Francesco spiegò il Vangelo.
Si narra che in quella circostanza  nella notte gelida ed incantata la gente ebbe la visione di un miracolo:  Gesù  bambino in braccio a San Francesco.
Questa è l’inizio della tradizione del presepe(praesepium): un intreccio di storia ed arte che culmina certamente nel presepe napoletano.
Le opere presepiali napoletane sono un trionfo di luci, un’esplosione di colori, una straordinaria manifestazione di costume,e di artigianato che si avvicina all’arte.
Il presepio è affollato di personaggi ed animato da scenette popolari autentica espressione del popolo napoletano.
Quando si ammirano queste stupende opere d’arte come ad esempio il famoso presepio Cuciniello che si trova a Napoli nel museo San Martino, si fa fatica a scorgere la rappresentazione della natività che si perde nel groviglio animato e pittoresco  della vita popolare.
E’ proprio questa la caratteristica del presepe napoletano del settecento popolato da tanti personggi popolari : le donne al mercato, le tessitrici, gli acquaioli, i pescivendoli  i contadini ed artigiani di ogni genere.; persone sane e persone con difetti marcati come la gobba in napoletano tradotta in “scartiello”
Non mancano naturalmente i Re Magi che sono sempre realizzati con costumi esotici, variopinti ed orientaleggianti.
Insomma il presepe napoletano è considerato a ragione un vero capitolo della storia dell’arte in cui si distinguono artisti come Sammartino e Celebrano.

mercoledì 21 dicembre 2011

Il presepio del Rinascimento.



Faremmo un torto alla storia del presepe, se parlassimo soltanto di quello napoletano, e non anche del presepe rinascimentale del secolo XV.
Eccellono in quel periodo opere d’arte quali le maioliche invetriate e policrome dei Della Robbia e bassorilievi di veri e grandi artisti  come quello del rossellino nella chiesa di Sant’Anna a Napoli.
Cominciano a configurarsi presepi veri e propri come quelli scolpiti in legno di gusto nordico. (ad esempio le figure degli Alamanno in San Giovanni a Carbonarsa a Napoli)
Ed ancora  assai espressive sono le figure di Giovanni di Nola in cui è già marcatamente presente accanto all’ampio respiro   delle opere rinascimentali un’attenta ricerca di carattere tipica di tutti i presepi napoletani.
Nello stesso periodo rinascimentale hanno il loro sviluppo i presepi pugliesi  e lucani.
Sono presepi del tutto particolari che occupano un’intera cappella o addirittura il transetto destro o sinistro di una chiesa.
Anche qui non mancano pastori di tipo popolare, ma nel paesaggio si distingue subito nella sua grandiosità la scena sacra  a differenza dei presepi napoletani.
Tutti questi presepi di cui quello materano incastonato nei Sassi assume una dimensione unica,sono quasi tutti   policromati.
L’artista più noto del presepio pugliese è Stefano da Putignano   un autentico caposcuola.

lunedì 19 dicembre 2011

Benino il pastore dormiente del presepio




Esiste una leggenda poco conosciuta del presepe napoletano.
Il protagonista e' Benino, pastorello addormentato in una grotta, quella in alto che non tutti notano. Benino e' li' e sogna quello stesso presepe in cui adesso sta dormendo. La storia vuole che nessuno lo svegli, altrimenti tutto l'incanto scomparirebbe immediatamente. Si scopre, in questo modo, che il presepe e' molto più di una semplice rappresentazione della natività', ma un simbolo di illuminante consapevolezza e di catarsi
Il sonno infatti in questo caso non è lo stato fisiologico, nel quale il nostro organismo, in riposo, recupera le forze di cui ha fatto dispendio nel corso del giorno. Qui il sonno indica, per analogia, una condizione dello spirito di estrema sensibilità e tensione; uno stato, diverso da quello della quotidianità
La figura di Benino o Benito è dunque proprio  un riferimento esplicito  a quanto affermato nelle Sacre Scritture: “E gli angeli diedero l’annunzio ai pastori dormienti”. Il risveglio è considerato inoltre come rinascita
Benino, pastorello del presepe napoletano che dorme beato in un angolo ignaro di tutto. corrisponde  anche al bolognese Dormiglione, che però è addormentato su un'amaca. Nel presepe siciliano prende il nome di Susi Pasturi.

Acqua in bocca.



E' molto frequente il modo di dire "tenere l'acqua in bocca" che significa astenersi dal parlare a sproposito rischiando anche di incorrere in maldicenze.
Questa espressione trae origine da una cultura popolare tramandata nel tempo di cui fa parte la segiente storiella:
Una donna aveva il vizio della maldicenza, da cui non riusciva ad astenersi, malgrado fosse stata redarguita dal suo confessore.
Un giorno il prete ricorse al seguente espediente:consegnò alla donna una boccia d'acqua di pozzo, dicendole di portarne sempre un poco con sè e quando sentiva la tentazione di mormorare e sparlare, ne prendesse un sorso e lo tenesse in bocca finchè non era finita la tentazione.
Finì che la donna, dovendo passare la maggior parte delle giornate con la bocca piena d'acqua, per evitare il fastidio, perse il vizio della maldicenza.

domenica 18 dicembre 2011

L'uovo di Colombo.

Nel linguaggio corrente si usa spesso dire: hai scoperto l’uovo di colombo, oppure hai scoperto l’acqua calda.
Sono tutti modi di dire utilizzati per indicare una soluzione insospettatamente semplice a un problema apparentemente impossibile.
Tale locuzione si chiama polirematica(dal greco πολι-, molti e ρημα, parola)  ed ha un significato non desumibile da quello delle parole che lo compongono, e che viene usata come un tutto unico, come a ufo, a iosa, capro espiatorio.
Nel caso dell’uovo di Colombo, si tratta di un aneddoto popolare, sicuramente falso, che ha per protagonista Cristoforo Colombo.
Al suo ritorno dall'America Colombo fu invitato a una cena in suo onore dal cardinale Mendoza. Qui alcuni gentiluomini spagnoli cercarono di sminuire la sua impresa dicendo che la scoperta del Nuovo mondo  non fosse stata poi un’impresa così difficile, e che chiunque avrebbe potuto riuscirci Colombo allora  sfidò i commensali a un'impresa altrettanto facile: far stare un uovo dritto sul tavolo.
Nessuno dei commensali vi riuscì e pregarono Colombo stesso di cimentarsi nell'impresa. Questi si limitò a praticare una lieve ammaccatura all'estremità dell'uovo, picchiandolo leggermente contro il tavolo dalla parte più larga, e l'uovo rimase dritto.
Ai commensali attoniti, Colombo disse: : «La differenza, signori miei, è che voi avreste potuto farlo, io invece l'ho fatto!».

Voli pindarici

Il volo pindarico è un modo di dire ricorrente nel linguaggio quotidiano.
Trae spunto dalla letteratura grca ed in particolare da Pinfaro il grande cantore grco nativo di Cinocefale, presso Tebe, nel 518 a.C., da una nobile ed agiata famiglia originaria della Beozia
Autore di importanti carmi epici, viaggiò a lungo e visse e scrisse per sovrani e famiglie importanti. Cantò, come negli Epinici  i modelli di un ideale umano in cui si coniugavano bellezza e bontà, prestanza fisica e sviluppo intellettuale.
Cosa sono  insomma i voli pindarici? Null’altro che arditi passaggi, da un’idea che si va sviluppando ad un’altra completamente estranea al filo logico fino allora seguito.
E’ difficile  da spiegare, ma se ne può avere un’idea  rileggendo i Sepolcri di Foscolo: là dove il poeta celebra le tombe dei grandi in Santa Croce a Firenze, e subito dopo, da un verso all’altro, “vola” altrove evocando la battaglia fra Greci e Persiani a Maratona.
Questo è, appunto, un “volo pindarico”, il passaggio originale e ardito da un argomento all’altro, pur nel contesto di una struttura  unitaria. Può assumere un duplice senso negativo cioè divagare e "saltare da un argomento ad un altro senza logica,ma anche, positivo e cioè saltare sì, da un argomento ad un altro, però, mostrando fini capacità digressive nonché competenze, mantenendo un filo conduttore nel discorso.