Sono passati 106 anni dal Terzo Concilio di Costantinopoli e le controversie sulla realtà della persona e della natura di Gesù Cristo, “vero Dio e vero uomo”, “una persona in due nature”, risolte con la formula del Credo Niceno-Costantinopolitano, sono ormai superate in tutte le Chiese, sia d’oriente che d’occidente.
Il problema che ora si pone è un altro non meno importante: quello non meno spinoso del culto delle immagini.
E' noto che l’ebraismo proibiva le immagini, per il rischio di una idolatria che sostituisse il Dio di Abramo e di Mosè che parlava con le sue “parole” (i suoi dieci comandi) in cui chiedeva di essere confessato unico vero Dio e di essere riconosciuto nella sua vera immagine che era l’uomo.
Si tratta comunque di un fenomeno limitato e ristretto, forse tinto di colorazione ariana. destinato tuttavia ad espandersi: a tal punto altre posizioni si levano a difendere, in primis Leone Magno. le icone.
L'icona si diffonde dunque in maniera massiccia nel corso dei secoli VI e VII, favorita dalla fede popolare, dalla leggenda, dal miracolo. Non si diffonde ugualmente in tutte le aree della cristianità; i siriaci e gli armeni, ad esempio, erano molto meno inclini per il loro passato culturale all'uso delle immagini.
Un fattore che contribuì all'inasprimento delle posizioni favorevoli o contrarie all'uso delle icone fu l'avanzare dell'Islam, che pretendeva di essere la più alta e più pura rivelazione di Dio e accusava la Chiesa di politeismo e di idolatria per la sua venerazione delle immagini.
L'ottavo secolo fu teatro di scontri violenti. L'atto inaugurale della prima fase della lotta iconoclasta fu l'ordine, impartito dall'Imperatore Leone III il siro nel 726, di distruggere la raffigurazione di Cristo collocata sulla porta di bronzo del palazzo imperiale a Costantinopoli; l'immagine venne sostituita con una croce, sotto la quale l'imperatore fece collocare questa iscrizione: “Poiché‚ Dio non sopporta che di Cristo venga dato un ritratto privo di parola e di vita, e fatto di quella materia corruttibile che la Scrittura disprezza, Leone con il figlio, il nuovo Costantino, ha inciso sulle porte del palazzo il segno della croce, gloria dei fedeli”.
A questo gesto seguì la promulgazione ufficiale di provvedimenti contro le immagini e il loro culto e violenze contro le icone e quanti le veneravano.
Papa Gregorio III, nel 731, reagì scomunicando gli avversari delle icone e del loro culto.
In Oriente la difesa della venerazione delle icone fu opera soprattutto di Germano, Patriarca di Costantinopoli, di Giorgio di Cipro e di Giovanni Damasceno
Era necessaria una chiarificazione che riportasse pace.
Fu così che da Roma nel 787 papa Adriano I chiese all'imperatrice d'Oriente, Irene, di convocare un nuovo Concilio che decidesse per tutte le Chiese: iconodulìa, cioè venerazione e quindi valorizzazione delle immagini o iconoclastìa, cioè rifiuto delle immagini e dovere di spezzarle o bruciarle
Non era una questione secondaria, e non c’era certamente unanimità. Come esempio forte nel 692 una riunione di vescovi, detta Concilio Quininsesto aveva proibito anche la rappresentazione simbolica di Gesù, anche perché essa cominciava ad apparire anche su oggetti del tutto estranei, p. es. proprio sulle monete di Giustiniano II (685 - 695).
E accadde che l’imperatore Leone III, all’inizio dell’ottavo secolo cercò di risolvere il problema ordinando che tutte le icone fossero distrutte e sempre da parte imperiale si giunse alla deposizione di un Patriarca di Costantinopoli, Germano I, favorevole alle immagini, per eleggere al suo posto Anastasio, che nel 730 approvò il decreto imperiale di abolizione delle icone da tutto l’Impero.Da Roma i Papi invece disapprovarono la politica iconoclasta di Leone III, che con questo pretesto invase l’Italia meridionale e l’Illiria.
La lotta fu feroce per 50 anni, finché nel 780 morì Leone IV e appunto divenne reggente del minorenne Costantino VI la madre Irene, favorevole al culto delle immagini, che spinta dal Papa di Roma convocò un concilio, ancora a Costantinopoli, che nel 786 si riunì a Costantinopoli, sotto la presidenza del patriarcaTarasio. Accadde tuttavia che la maggior parte dei vescovi presenti fosse iconoclasta, e allora la stessa Irene sciolse l’assemblea e trasferì il concilio a Nicea, ove il 28 settembre 787 ripresero i lavori, alla presenza di 300 vescovi, provenienti anche dall’Italia. Adriano I aveva inviato due legati, presbiteri con lo stesso nome, Pietro, che all’inizio dei lavori lessero solennemente la lettera del Papa che si pronunciava decisamente a favore delle immagini, tra gli applausi di molti dei vescovi. Con la spinta di questo evento subito fu deciso che chi non accettava doveva essere deposto da ogni carica. Metodo sbrigativo assai, forse, ma anche dimostrazione che l’autorità del vescovo di Roma appariva decisiva anche nella massima sede orientale…In sostanza la solenne decisione del Concilio fu che le persone rappresentate nelle immagini erano “venerate” dai fedeli, mentre l’“adorazione” era riservata solo a Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo.
Non si trattava, perciò, di venerare le icone come tali, ma solo la memoria delle persone in esse rappresentate.
Il Concilio adottò altre decisioni importanti per la vita della Chiesa come ad esempio che . c l’elezione dei vescovi deve essere libera e in essa non deve avere spazio alcuno l’ingerenza dei poteri estranei alla Chiesa, anche dei potenti del tempo e anche degli imperatori.
Ancora: i vescovi non debbono raccogliere oro o denaro, debbono ogni anno convocare i sinodi delle loro province perché tutti debbono discutere i problemi della Chiesa.
Un canone speciale vieta inoltre di accogliere la conversione degli Ebrei che non siano spontanea e sincera.
I preti non possono reggere insieme due parrocchie, debbono vestire decorosamente, ma senza lusso, e debbono restare nella chiesa loro affidata dal vescovo. Ancora: i monasteri maschili debbono essere del tutto separati da quelli femminili.Interessante il fatto che la decisione del Concilio in Occidente fu accolta subito, ma trovò una forte opposizione da Carlo Magno, probabilmente male informato sui testi, che nel 794 provò a sconfessare le decisioni di Nicea due convocando un sinodo a Francoforte, ma papa Adriano resisté nella ammissione delle immagini. La lotta durò ancora a lungo, con varie decisioni imperiali anche opposte, e così nell’815 l’imperatore Leone V dichiarò nullo il secondo Concilio di Nicea.
Il superamento definitivo dell’opposizione alle icone giunse solo con l’imperatore Michele III e sua madre Teodora, nel sinodo di Costantinopoli dell’11 marzo dell’843. Un’altra pagina della storia dei Concili poteva dirsi completata.
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